LA PREVALENZA DELL’ASINO: IL TIFO DA STADIO ACCECA LE PARTI, DALL’UCRAINA FINO AD AQUILEIA


“O sant’asinità, sant’ignoranza”, scrive Giordano Bruno alla fine del ‘500 nel suo beffardo sonetto in lode all’equino meno nobile, inserito nella “Cabala del Cavallo Pegaseo con l’aggiunta dell’Asino Cillenico”. Quei versi ricordano come gli “asinelli” nulla vogliano sapere, limitandosi a pregare sperando in un’ipotetica ricompensa divina post-mortem.
 
Parole che sembrano ricalcare il celeberrimo monito dantesco: “Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza”. Il tema è intramontabile: in tempi recenti, tanto per ribadire il concetto, Fruttero & Lucentini ci avevano regalato “La prevalenza del cretino”.
 
Erano i soavi anni Ottanta, quando l’italico “cretino” dilagava; qualcosa è sostanzialmente cambiato? Purtroppo no, dice Gioele Magaldi, con un occhio all’attualità nazionale e l’altro a quella mondiale: tuttora prevale sicuramente “l’asino”, inteso in senso bruniano, con tutta la pietas zoo-antropologica del caso: anche il somarello infatti ha la sua piena dignità di vivente. Ma perché non vuole decidersi ad abbandonare quella latitudine angusta e ristretta, che lo trasforma in un quadrupede miope e strabico? Perché non imitare finalmente il cavallo, pronto ad affrontare orizzonti inesplorati?
 
La risposta la offrì anni fa un grande intellettuale purtroppo poco noto in patria, benché incluso da Napolitano tra le maggiori glorie culturali della Penisola: si tratta di Francesco Saba Sardi, umanista e antropologo, titanico traduttore dei maggiori capolavori letterari dell’età moderna e biografo ufficiale di Pablo Picasso, l’unico autorizzato dal geniale artista.
 
«Sul suo corpo – racconta Gianfranco Carpeoro, amico e sodale di Saba Sardi (che era nipote del poeta triestino Umberto Saba) – quell’uomo dalla mente così prodigiosa portava ancora i segni della detenzione nel lager nazista in cui era stato imprigionato». Eppure, nonostante una prova così dura, scommetteva sul perdono come forza trasformativa e liberatrice. Della serie: abbi il supremo coraggio di amare il tuo nemico, di abbracciarlo come un fratello, se vuoi liberarti del despota che ha inviato in guerra entrambi.
 
Nei suoi ultimissimi anni, Saba Sardi arrivò a scrivere “Istituzione dell’ostilità”, un testo filosofico che smonta qualsiasi istinto bellico: se accetti di diventare un soldato, sostiene, hai già perso in partenza. L’odio va respinto al mittente, in ogni ambito. Perché non nasce da noi, ma da chi ci manovra per sottometterci, anche spedendoci al macello, facendo leva sulla paura che nasce sempre dall’ignoranza.
 
Sull’argomento, Gioele Magaldi si accalora: ad Aquileia non si sono ancora spente le polemiche per il “gemellaggio” con Alessandria d’Egitto, promosso in nome della comune ascendenza proto-cristiana delle due città. Secondo alcuni politici friulani, la visita degli egiziani (avvenuta il 2-5 settembre) avrebbe rappresentato un affronto alla memoria del conterraneo Giulio Regeni, la cui famiglia risiede a Fiumicello, paese che confina con Aquileia.
 
Protesta il rooseveltiano autore del bestseller “Massoni”: perché sprecare tempo ed energie ad insultare gli interlocutori a noi meno affini, anziché comprendere come valorizzarne i lati migliori? Se ci accaniamo nel tifo da stadio, che imbarbarisce l’atmosfera senza mai risolvere nulla, cadiamo preda dei manipolatori che ci mettono l’uno contro l’altro per annientare entrambe le parti e quindi paralizzarci nell’immobilismo o, peggio, nello scontro perenne. Succede ovunque, ancora e sempre.
 
Meglio ascoltare l’altro, innanzitutto: «È questo che ci vorrebbe – dice Magaldi, ai microfoni di “Border Nights” – nel ragionare del piccolo e del grande, di Aquileia o dell’Ucraina, di Israele o di Palestina, di Cina o di Russia: noi dovremmo ragionare conoscendo, dovremmo confrontarci con punti di vista diversi, dovremmo sempre trovare una modalità di soluzione costruttiva. E invece è proprio sull’ignoranza, sulla tifoseria “asinina” degli uni e degli altri, sullo scontro con la bava alla bocca, che poi alcuni sapienti burattinai tessono le loro trame. E quindi ecco che le guerre si prolungano, perché la gente beota e “asinina” partecipa più volentieri a una rissa rabbiosa che non a un processo di condivisione conoscitiva e ragionativa che porti alla pace e a soluzioni democratiche di qualsivoglia conflitto».
 
Il caso-Aquileia è paradigmatico. Contro il sindaco Emanuele Zorino (e lo stesso Magaldi, sostenitore del ponte culturale con “Alexandria” attraverso una specifica fondazione culturale e la società energetica Sedes H), si sono scagliati il primo cittadino di Fiumicello, Alessandro Dijust, e la consigliera Ornella Donat, autrice di un’interrogazione da cui emergono diffidenza e fastidio per la vicinanza tra il Friuli e l’Egitto, il paese dove fu atrocemente assassinato Giulio Regeni.
 
«Semmai – obietta Magaldi – proprio il rafforzarsi dei legami italo-egiziani può produrre un’accelerazione nella nostra richiesta di verità e giustizia: i killer di Giulio, per il quale hanno pianto milioni di cittadini egiziani, devono al più presto finire in carcere».
 
L’ostilità anti-egiziana si era fatta sentire già alla vigilia del meeting, al punto che il governatore della regione di Alessandria, Ahmed Khaled Hassan Saeed, aveva preferito restare a casa, almeno stavolta, per non alimentare ulteriori tensioni.
 
«Mi ha appena scritto una lettera bellissima», racconta ora il primo cittadino aquileiese, che ha chiesto agli altri partner egiziani di fare altrettanto, per raccontare in prima persona la loro esperienza e rendere pienamente il senso dell’incontro, entusiasmante e intensamente vissuto sia dalle autorità religiose egiziane (cristiani copti) che dal sacerdote cattolico della Basilica di Aquileia, monsignor Mirko Franetovich, in qualche modo “erede” dell’augusto Patriarcato aquileiese.
 
Spiega lo stesso Magaldi: «Nei tanti simboli della ricchissima archeologia di Aquileia, che arrivò a essere la terza città dell’Impero Romano, si rileva una connessione molto forte con il cristianesimo alessandrino, che lambisce ambienti dello gnosticismo cristiano». Stiamo parlando del remoto cristianesimo delle origini: «Visto che il potere religioso nato solo nel IV secolo con Costantino scelse infine il cattolicesimo, tra i tanti cristianesimi dell’epoca, nulla vieta di pensare che – nel II secolo, quando Alessandria d’Egitto fu “madre” di Aquileia – il cristianesimo in circolazione tra l’Egitto e l’Adriatico fosse proprio quello gnostico».
 
A sua volta, il sindaco Zorino sottolinea: «La storia millenaria ci insegna che Alessandria, con la sua antica Biblioteca e la sua rinascita nella moderna Bibliotheca Alexandrina, incarna uno spirito di ricerca, apertura e conoscenza che trova forte corrispondenza nella tradizione aquileiese».
 
Senza dimenticare, ovviamente, la tragedia di Giulio Regeni. «La sua memoria e la lotta per la verità e la giustizia – ha detto Zorino alla stampa locale – sono parte integrante del nostro impegno civile». Il sindaco ha sempre partecipato all’annuale marcia di Fiumicello, convinto che il ricordo di Giulio non debba mai essere sbiadito e che la sua vicenda rappresenti una questione di dignità umana e di rispetto dei diritti fondamentali».
 
Con la delicatezza e la serietà che la situazione richiede, aggiunge il sindaco, «il Comune di Aquileia si impegna a sostenere con chiarezza e fermezza la richiesta di verità e giustizia per Giulio Regeni, rispettando il dolore della famiglia e di chi lo ha conosciuto e amato. È fondamentale che in questa vicenda – ancora caratterizzata da inquietanti ombre e minacce a chi lotta per la verità – la nostra città dimostri attenzione, vicinanza e coraggio, senza lasciare che questa ferita venga ignorata o strumentalizzata».
 
E a proposito di inquietudini: durante la visita della delegazione egiziana, segnala Magaldi, il clima ad Aquileia era molto pesante. «C’erano ammiccamenti e allusioni, poi sono arrivate addirittura informative su possibili attentati terroristici in danno dei rappresentanti egiziani, o addirittura qualcosa che potesse mettere in pericolo l’incolumità del sindaco e dei suoi familiari». Lo stesso Magaldi ha allertato direttamente l’intelligence: «Ora Aquileia è attenzionata e protetta, non si torcerà un capello a nessuno. Certo, tutto questo è molto triste. E soprattutto è vergognoso».
 
Ma, come si legge nel Vangelo di Matteo: “Non praevalebunt”. «La connessione con “Alexandria” continuerà, questo è stato solo il primo passo», assicura Magaldi. «E Aquileia sarà il cuore del Rinascimento friulano, in chiave “glocal”: dove cioè l’aspetto locale (della storia, della cultura) si apre alla dimensione universale, verso un progressivo abbraccio che affratelli popoli lontani e tradizioni diversissime».
 
Nel suo “sincretismo” politico, Magaldi si batte per la promozione pragmatica della qualità, oltre gli steccati. «Prendiamo la Calabria, una delle regioni più belle del mondo: tra qualche settimana ci saranno le elezioni regionali. Spero venga rieletto Roberto Occhiuto, che ebbi il piacere di conoscere: mi auguro che vinca non in quanto esponente del centrodestra, ma per le sue capacità personali. Nella sua coalizione ci sarà pure mio cognato, Antonio Azzalini, già brillante manager Rai: un uomo dalle qualità davvero eccezionali. Ecco, alla Calabria servono risorse umane come quelle. E spero venga eletto almeno consigliere regionale anche l’amico Francesco Toscano, che corre come “terzo incomodo”. Francesco fu segretario del Movimento Roosevelt: oggi ci dividono tante idee, ma la sua presenza in Consiglio regionale sarebbe un vantaggio per tutti i calabresi».
 
Insiste Magaldi: bisogna sforzarsi di essere sempre costruttivi, comunque, facendo evolvere la denuncia o la semplice testimonianza in un terreno intermedio che consenta a chiunque di fare un passo avanti.
 
La penosa, stucchevole polemica di Aquileia? Non si discosta, purtroppo, dal clima generale della politica italiana di oggi, dove il governo ha finora deluso e l’opposizione è inesistente: il centrosinistra è interamente da ricostruire.
 
«Dal canto suo, Giorgia Meloni deve avere più coraggio, per inserirsi in un momento epocale di trasformazione dell’Europa, e inserire l’Italia con determinazione in questo contesto», sottolinea Magaldi. «Al di là della sapiente diplomazia con cui – mostrando una certa abilità e un certo merito – ha cercato di tener vivo il dialogo tra l’amministrazione Trump e le istituzioni europee, avvicinando le prospettive europee a quelle statunitensi, la Meloni non ha però mostrato il coraggio necessario per spingersi oltre».
 
E dove, di preciso? «Io credo che l’orizzonte prossimo venturo del governo Meloni, anche in vista delle prossime politiche, sia quello di battersi per una Costituzione politica e democratica per l’Europa: il rilancio europeo non è solo nel riarmo. Occorre alla base una legittimità democratica, che viva di procedure autenticamente democratiche».
 
In qualità di politologo, Magaldi rivolge un appello ideale sia al governo che all’opposizione: «L’Italia dovrebbe fare sistema, come Aquileia: se la cittadina friulana si affratella con Alessandria d’Egitto e si proietta in un orizzonte sovranazionale e “glocal”, è un bene per tutti; non ci si deve dividere, sulle grandi questioni sistemiche che giovano alla collettività».
 
Occorre dunque che l’asino si trasformi in cavallo, evitando di incancrenire polemiche sterili: «Questo è l’errore fondamentale di una politica in cui l’avversario è un nemico da delegittimare moralmente. Purtroppo è il lascito di certe culture politiche italiane, di destra e di sinistra, che avevano al loro interno un virus antidemocratico e illiberale: concepivano l’avversario come un demonio, magari addirittura da uccidere».

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