«Non ho intenzione di farmi del male: ci tengo, alla mia vita. E non ho commesso reati: non sono un trafficante di droga, nemmeno uno spacciatore». Parola di Franco Fracassi, noto reporter indipendente. Messaggio chiaro, quanto drammatico: teme di essere fermato magari con degli stupefacenti nel baule dell’auto o, peggio ancora, immagina che possa essere inscenato addirittura il suo suicidio.
«Secondo voi, un giornalista in più o in meno fa differenza, per chi organizza stragi con migliaia di morti? E quindi, scelgo di parlare: perché se resto il solo a conoscerle, certe cose, è facile non farle sapere al mondo, mettendomi a tacere per sempre. Se invece le sapete tutti, queste cose, allora sarete voi a proteggermi».
E a quali terribili segreti sta alludendo, Fracassi? Al peggiore di tutti: quello che si nasconderebbe nella genesi del famigerato raid terroristico del 7 ottobre 2023, il bagno di sangue che funzionò da casus belli per lo sterminio indiscriminato dei palestinesi di Gaza. È una verità che scotta, quella a cui afferma di essere pervenuto il coraggioso giornalista d’inchiesta, che sta per pubblicare queste scoperte in un libro: «I mandanti del massacro compiuto in Israele (1.200 vittime) sono gli stessi dell’11 Settembre».
Il volume, scritto con Paola Pentimella Testa, potrebbe uscire nelle prossime settimane. Titolo: “7 ottobre, l’inganno”. Il sottotitolo menziona “gli intrighi internazionali, la massoneria, il suprematismo razziale” all’origine della spaventosa “false flag” mediorientale, definita “il nuovo 11 Settembre”. La prefazione è di Carlo Palermo, magistrato e autore di acuminate denunce sulle commistioni tra mafia e massoneria ai vertici del potere.
«Qualcuno non vuole che esca, questo mio libro sulle origini segrete della strage israelo-palestinese», dice Fracassi. «Ci hanno “consigliato” di rinunciare. Letteralmente: “Lasciate perdere. Meglio non diradare le nebbie intorno al 7 ottobre”».
Tutto questo avviene mentre l’Italia intera si preoccupa (giustamente) della bomba che ha distrutto l’auto di Sigfrido Ranucci. Comunque, con tutto il rispetto del caso, “Report” non ha mai osato avvicinarsi a questioni veramente cruciali, quelle cioè da cui dipende il destino dell’umanità.
E in un paese affollato di leoni da testiera, presunti trumpiani e sedicenti putiniani che si vantano di conoscere le verità ultime (senza mai sfornare uno straccio di prova, e magari riciclando all’infinito le insinuazioni complottistiche targate Q-Anon), ci sono anche veri e propri lottatori a viso aperto: come l’esemplare Massimo Mazzucco, che rifiuta di utilizzare indiscrezioni incontrollabili e lavora solo analizzando e collegando tra loro le fonti aperte, accessibili a chiunque.
Proprio attingendo a queste fonti (inattaccabili, spesso istituzionali), nei giorni scorsi Mazzucco ha realizzato sul 7 ottobre l’ennesimo videoreportage-capolavoro, dimostrando il carattere opaco e maleodorante dell’intera operazione criminale, che in inglese viene definita “Lihop” (“Let it happen on purpose”, lasciare di proposito che qualcosa accada).
«Secondo alcuni, tra cui anche il giovane trumpiano Charlie Kirk – assassinato negli Usa il mese scorso – l’evento del 7 ottobre è stato intenzionalmente “lasciato succedere” da Israele, che voleva una scusa per radere al suolo Gaza».
Mostrando prove schiaccianti, Mazzucco formula un atto d’accusa attraverso quattro distinti capi d’imputazione. Il primo: «Netanyahu ha finanziato e favorito Hamas permettendo all’organizzazione di armarsi fino ai denti». Sul tema, esiste un’imbarazzante documentazione: persino l’ex premier Olmert ha rinfacciato a “Bibi” di essersi vantato di aver sempre favorito Hamas. Poi: «Israele sapeva già da tempo dell’attacco in preparazione da parte di Hamas, ma non ha fatto nulla per prevenirlo». Il governo ha infatti deliberatamente ignorato i ripetuti allarmi provenienti persino dagli 007 egiziani, oltre che da quelli israeliani.
Terzo punto: «Israele ha chiaramente aperto le porte ad Hamas, allentando la sorveglianza alla frontiera, e poi ha ritardato anche di 5-6 ore l’intervento dell’esercito, solitamente vigile e tempestivo». Obiettivo dell’inconcepibile ritardo: «Permettere ad Hamas di completare il massacro in modo indisturbato». Infine: «I soldati delle Idf hanno ucciso volontariamente gli stessi abitanti dei kibbutz attaccati da Hamas. Lo hanno fatto per aumentare il numero dei morti e quindi lo sdegno popolare, che poi Netanyahu avrebbe cavalcato per invadere Gaza».
Chiarito il ruolo di Netanyahu in termini di strategia della tensione, la domanda seguente è scontata: ha fatto tutto da solo? No, ovviamente. Stiamo parlando di una catastrofe mostruosa, da cui dipende anche la tragica morte dei 200.000 palestinesi sterminati dopo il 7 ottobre, quelli di Gaza (inclusi i 250 giornalisti accuratamente assassinati dal “democratico” esercito israeliano).
Un abominio, il macello sacrificale compiuto nella Striscia, che ha suscitato l’orrore del mondo intero. Atto d’inzio, la provocazione stragistica targata Hamas: l’assalto sanguinoso ai kibbutz, il terrore seminato fra i ragazzi del rave party. Provocazione – ecco la notizia – che sarebbe stata orchestrata da una vera e propria associazione criminale internazionale. Precisamente, «la stessa entità che si mise all’opera nel 2001 per realizzare l’11 Settembre».
E se quello di Manhattan resta «il più grande evento singolo della storia, un colpo di Stato che ha letteralmente cambiato la storia del mondo», allora «il 7 ottobre è “il nuovo 11 Settembre”».
Ne è convinto Franco Fracassi, reporter purosangue e figlio d’arte (il padre, Claudio, firmò importanti libri e prestigiose inchieste dal mondo sovietico).
Già collaboratore di Giulietto Chiesa e autore di scomodissime indagini su alcune tra le più oscure pagine di attualità, Franco Fracassi ha realizzato il film “Zero”, che smaschera gli ispiratori del maxi-attentato alle Torri Gemelle.
Oggi il giornalista annuncia: «Io e Paola Pentimella Testa abbiamo scoperto che, dietro l’orrore del 7 ottobre, ci sono davvero le stesse persone che architettarono l’11 Settembre». E inoltre: «Senza la guerra in Ucraina, il 7 ottobre non ci sarebbe mai stato», aggiunge il reporter, lasciando intravedere precisi collegamenti tra il dossier ucraino e quello mediorientale: contiguità sicuramente svelate nel libro di prossima uscita.
«La massoneria è il centro di tutto», premette Fracassi, in un’anticipazione concessa il 21 ottobre al canale YouTube “Becciolini Network”, lo stesso che l’autore ha utilizzato per veicolare l’allarme sulle minacce di morte che ha appena ricevuto.
Massoneria e 11 Settembre? Nel bestseller “Massoni” (Chiarelettere, 2014), Gioele Magaldi imputa il mega-attentato delle Twin Towers alla superloggia Hathor Pentalpha, guidata essenzialmente dal clan Bush, ovvero dai neocon che alla vigilia del terzo millennio firmarono il Pnac, Piano per il Nuovo Secolo Americano. Caduta l’Urss, quei tizi teorizzavano il “diritto imperiale” degli Usa di imporsi sul resto del mondo con la forza, ricorrendo a qualsiasi mezzo. Nacque allora l’idea di utilizzare lo spettacolare trucco dell’auto-attentato per suscitare terrore e indignazione, demonizzare l’avversario e quindi abbatterlo agevolmente, indossando i panni dei giustizieri.
Nella Hathor, scrive Magaldi, oltre ai Bush (padre e figlio, con il fraello Jeb) figuravano esponenti di spicco dell’establishment Usa, dal vicepresidente Cheney al ministro Rumsfeld. E in quella superloggia, il cui nome richiama l’altra denominazione della dea egizia Iside (in inglese “Isis”, come poi si sarebbero chiamati i barbuti tagliagole eredi di Bin Laden), sempre secondo Magaldi avrebbero trovato posto il francese Sarkozy, appena arrestato a Parigi, il collega britannico Tony Blair (proposto da Trump come futuro governatore di Gaza) e il turco Erdogan, che oggi figura ufficialmente tra gli “amici” dei poveri gazawi.
L’esplosiva ricostruzione di Franco Fracassi sui possibili mandanti del 7 ottobre ricalca in parte quella anticipata da Magaldi.
«In prima linea ci sono i sionisti revisionisti, Israele e la “banda Netanyahu”. Ma tra i loro complici spiccano i Fratelli Musulmani, nonché il B’nai B’rith (un’espressione massonica israeliana), insieme a una certa massoneria islamica, incarnata dalla loggia Naq Bandiyah. Poi in generale l’operazione 7 ottobre ha coinvolto il potere presente in paesi come gli Usa, il Regno Unito, la Francia, la Germania, l’Ucraina, la Turchia, il Qatar e l’Azerbaijan».
In primo piano, nella cabina di regia del terrorismo “sotto falsa bandiera”, secondo Fracassi restano le “menti raffinatissime”, americane, che costruirono il disastro dell’11 Settembre. Non solo i Bush e i loro diretti collaboratori, quindi. Non solo gli altri fiancheggiatori dei neocon (Bill e Hillary Clinton, Barack Obama, Joe Biden), ma anche e soprattutto «le teste pensanti». Nomi che magari al pubblico diranno poco, ma che in realtà «hanno costituito la spina dorsale delle amministrazioni Clinton, Bush e Obama, poi della prima amministrazione Trump, quindi dell’amministrazione Biden, e prima ancora lo erano stati dell’amministrazione Reagan». Si tratta di funzionari di rango, «capaci di determinare le politiche interne e internazionali».
Un nome fra i tanti: il neocon Robert Kagan. È forse più nota sua moglie, Victoria Nuland (Nuderland, in origine: nel 2014 a Kiev tirò le fila del golpe di Euromaidan, concepito per trasformare l’Ucraina in una bomba geopolitica da lanciare contro Mosca). Quanto al marito, Robert, «stava dietro alla guerra in Iraq e a quelle in Afghanistan, Libia e Siria», prima di passare lui stesso a occuparsi di Ucraina, terra d’origine di tanti ashkenaziti finiti ai vertici dell’establishment statunitense.
Per Fracassi, proprio Robert Kagan sarebbe uno dei massimi ideatori e supervisori del 7 ottobre. Accanto a lui figurerebbe lo stesso Elliott Abrams, già assistente segretario di Stato (attivo sotto Reagan, Bush junior e Trump). «Si tratta di quell’Abrams che orchestrò e diresse massacri in El Salvador negli anni ’80, poco prima di concepire l’affare Iran-Contras», che è tuttora considerato il più grande scandalo nella storia Usa: alti funzionari e militari dell’amministrazione Reagan avrebbero organizzato, a beneficio della contro-guerriglia in Centramerica, un traffico illegale di armi provenienti dall’Iran, paese su cui già allora vigeva l’embargo.
«Non solo: Elliott Abrams, che scrisse fisicamente il dossier Pnac, ebbe anche l’idea della finta provetta di antrace che Colin Powell avrebbe agitato all’Onu per criminalizzare Saddam Hussein e quindi invadere l’Iraq. Infine lo stesso Abrams, per conto di Netanyahu, ha recentemente redatto il testo della riforma costituzionale di Israele».
Tra le pagine di Fracassi – quelle che qualcuno vorrebbe che non venissero mai pubblicate – ci sono quindi nomi e cognomi dei presunti, insospettabili registi della strage iniziale del 2023, affidata ai macellai di Hamas.
«Il 7 ottobre non è ancora stato ricostruito da nessuno, nel mondo. Nessuno ha ancora cercato di rispondere alle domande fondamentali: da chi e perché è stato concepito, il raid di Hamas? Quando è stato organizzato? Un mese prima? Un anno prima? Da quali persone, appartenenti a quali gruppi? Per quali finalità hanno agito, e con quali modalità? Quando e dove si sono incontrati? Chi erano? Di cosa hanno parlato? Ecco: sono tutte domande che, in questi due anni, non ho mai sentito pronunciare».
Franco Fracassi ha la stoffa del fuoriclasse dell’informazione: «I dettagli sono tutto, in questi casi: fanno la differenza, permettono di svelare retroscena illuminanti».
Quindi mettono paura, i dettagli.
«Certo che sì: perché una cosa è dire vagamente che qualcuno si è incontrato, e un’altra è affermare che quei signori si sono incontrati il 13 febbraio 2021 a quell’indirizzo, dove erano presenti tizio, caio e sempronio, e qualcuno verbalizzava quello che veniva detto».
Affiancato da Paola Pentimella Testa, ormai Fracassi s’è fatto un’idea molto precisa dell’accaduto: chi ha deciso cosa, quando e dove. Come ha agito, e perché.
«Ho avuto tantissime risposte e raccolto moltissimo materiale. In questo momento credo di essere in grado di avere un’idea molto chiara di quello che è successo quel giorno, del perché è successo, di chi l’ha fatto e di come l’ha fatto, e con chi s’era messo d’accordo».
Ecco perché sono arrivati quegli insistenti “inviti” a lasciar perdere.
«Il che è molto grave, ma è commisurato a quello che abbiamo scoperto. Se il 7 ottobre è come l’11 Settembre, vuol dire che è qualcosa di enorme, di incommensurabile: è qualcosa che riguarda la vita di centinaia di milioni di persone, se non qualche miliardo. E quindi, quando uno decide il destino di queste persone in base a un evento, non vuole che in quell’evento ci si metta il naso».
Appunto: se ci tieni alla pelle, “non diradare le nebbie intorno al 7 ottobre”.
«Se vai a chiedere ad alcuni alti gradi della massoneria internazionale, per esempio quella ebraica, puoi scoprire i nomi di persone che hanno partecipato a specifici incontri in vista del 7 ottobre. E a quel punto, magari un faro su di te si accende».
«Io però non voglio essere portatore di segreti», chiosa Fracassi. Lui, al contrario, è ben deciso a parlare. «Quindi, sia chiaro: se mi fanno fuori, non è che risolvano qualcosa».