Perché il Cristo Gnostico è ancora oggi così temuto? La risposta risiede nel tenore di certi testi antichi, rinvenuti meno di cent’anni fa nella valle del Nilo.
Sono i Vangeli di Filippo, Tommaso, Giuda, Giovanni, Giacomo, Mattia. Nonché il Vangelo di Maria (Maddalena), il Vangelo di Eva, il Vangelo della Verità. Composizioni come la Sapienza di Gesù Cristo oppure il Pistis Sophia, detto anche Libro del Salvatore. E poi il Vangelo Greco degli Egiziani e, fra i tanti altri, il Vangelo Copto degli Egiziani.
Sono in tutto una ventina i particolarissimi testi evangelici, spesso frammentari, riaffiorati per lo più nel 1945 dalle sabbie di Nag Hammadi, nell’Alto Egitto, non lontano dagli splendori di Luxor. Quelle narrazioni, scritte attorno al II secolo, hanno tutte la medesima impronta: sono gnostiche.
In quei brani affascinanti e misteriosi, il Cristo è salvatore in quanto essenzialmente rivelatore: sostiene che all’essere umano tocchi riconnettersi al cielo attivando la scintilla divina che ancora possiede. Per farlo, deve però diffidare delle leggi del mondo e del suo oscuro governatore, il demiurgico e quasi demoniaco Yahweh dell’Antico Testamento, vero e proprio carceriere delle nostre anime.
L’impianto cristiano gnostico, che appare totalmente capovolto rispetto a quello cattolico, si era sviluppato nel clima culturale del platonismo ellenistico del Mediterraneo. Punto di partenza iniziale: il primissimo input dualistico comparso in Oriente, risalente addirittura a Zoroastro, profeta iranico tradizionalmente vissuto millecinquecento anni prima di Cristo.
Nel medioevo europeo, una teologia come quella di matrice gnostica costò il massacro dei catari travolti dalla ventennale Crociata Albigese nel sud-ovest della Francia. Una strage mostruosa, quella del XIII secolo, cui seguì il grande terrore inaugurato dall’Inquisizione occitanica, protrattosi per altri settant’anni.
Se Bernardo di Chiaravalle, ispiratore dei Templari, aveva raccomandato una radicale ri-evangelizzazione dell’Occitania nel segno del monoteismo, innanzitutto bonificando il clero cattolico ampiamente corrotto, il pontefice Lotario Conti (Innocenzo III) optò invece per la soluzione finale: lo sterminio dei dissidenti, diffusori dalla “peste eretica”.
Eretico, l’approccio gnostico lo era però diventato solo nel IV secolo, al Concilio di Nicea del 325 dopo Cristo. Concilio voluto, organizzato e addirittura presieduto dall’imperatore Costantino, che obbligò i vescovi a scegliere uno solo dei tanti cristianesimi allora presenti. Fu premiato quello che oggi chiamiamo cattolico, mentre tutti gli altri vennero dichiarati devianti.
Tra le tante correnti del cristianesimo delle origini, c’erano quelle che negavano la natura divina di Gesù. Altre, come il docetismo, sostenevano che – proprio per la sua origine celeste – il Salvatore non potesse essere davvero morto sulla croce: dunque il supplizio del Golgota sarebbe stato solo apparente. Corollario non da poco: niente morte, niente resurrezione.
La variante più pericolosa per il potere, tra i cristianesimi antichi, era comunque quella dualistica incarnata dagli gnostici, perché metteva in crisi il monoteismo presentando una dialettica irrisolta tra una divinità celeste (infinitamente buona, ma non onnipotente) e un’entità opposta, malvagia o incapace – il Demiurgo, con i suoi Arconti – responsabile dell’infelice dimensione terrestre con i suoi non esaltanti poteri, incluso quello religioso.
Non a caso, gli strali dell’ortodossia vaticana hanno storicamente bersagliato soprattutto la corrente gnostica: quel cristianesimo, fiorito a partire da Alessandria d’Egitto (patria degli ebraici Esseni Taumaturghi, dissidenti rispetto a Gerusalemme) era davvero troppo indigesto, per il neonato potere religioso messo in piedi dall’Impero Romano.
Incredibilmente – ma qui si sfiora il ridicolo – la polemica perdura ancora oggi: le espressioni più intolleranti e bigotte del tradizionalismo cattolico, contigue ad alcuni settori del potere vaticano, accusano infatti l’attuale élite mondiale di essere “gnostica”. Operando cioè una disinformazione capillare, i mestatori capovolgono la verità: per loro, “gnostico” è sinonimo di “demiurgico”. Lo gnosticismo è quindi impropriamente impiegato per designare una certa propensione manipolatoria: quella di chi forza la storia, imponendo la propria visione. Ma questo è esattamente quanto fatto, nei secoli, proprio dalla Chiesa del Papa-Re – lui sì “arcontico”, cioè oscurantista e tenebrosamente autoritario. Il vero gnostico invece diffida del potere terreno, perché di origine spuria (demiurgica); restando lontano dal vertice della piramide, quindi, l’autentico seguace della Gnosi si attiene all’insegnamento del sublime Maestro dei Vangeli di Nag Hammadi.
La discussione potrebbe portare lontanissimo. Volendo, la cosmognia dualistica (zoroastriana, poi gnostica) potrebbe essere interpretata come una formidabile allegoria: un’antichissima riflessione, resa in termini poetico-simbolici, sulla reale natura fisica dell’universo. In alto l’energia allo stato puro, in basso le frequenze lente che addensano il flusso energetico generando la materia; la quale però – come ci spiegano fisici e divulgatori (esempio, il geniale Federico Faggin) – mantiene sempre viva, in ogni singola particella sub-atomica, la “scintilla intelligente” dell’energia pura originaria.
Chiusa la parentesi esegetica, resta un colossale problema di fondo: e se quello gnostico fosse stato proprio il primo dei cristianesimi? Il dubbio infatti è che lui, il Cristo Gnostico, sia stato davvero il protagonista del primissimo insegnamento cristiano comparso nel bacino del Mediterraneo.
A rilanciare questa suggestione è Gioele Magaldi, autore del bestseller “Massoni” ed esponente del circuito supermassonico sovranazionale. Fondatore del Movimento Roosevelt per la promozione della democrazia compiuta e dei diritti umani universali, Magaldi è anche a capo di Sedes H, rivoluzionaria società energetica che propone l’idrogeno di ultimissima generazione come chiave per una svolta ecologica ed economica a livello planetario.
Ultimamente, anche attraverso Sedes H, Magaldi ha individuato la cittadina friulana di Aquileia come possibile area-test per illuminare il cambio di paradigma: non usare più l’energia in termini di monopolio, con tanto di ricatto geopolitico, ma fare dell’auto-produzione in loco la cifra dello sviluppo del vero green, ultra-conveniente e accessibile a tutti.
Perché proprio Aquileia? Per via del suo gloriosissimo passato: con i suoi centomila abitanti e la sua posizione di avanguardia verso l’Est Europa arrivò a essere la terza città dell’Impero Romano, dopo la capitale e l’altra grande metropoli mediterranea, l’egiziana Alexándreia,
fondata nel 331 avanti Cristo da Alessandro Magno.
Notizia: l’esuberante archeologia di Aquileia, in via di progressivo disvelamento, mostra un’infinità di simboli che si richiamano al cristianesimo alessandrino, il quale lambisce ambienti dello gnosticismo cristiano.
Ricorda sempre Magaldi: proprio Alessandria d’Egitto è stata “madre” di Aquileia, in un momento in cui il culto del Cristo Gnostico era davvero dominante. La fondazione della città friulana, nell’anno 181, viene ricondotta tradizionalmente all’evangelista Marco. Sicuri che, all’epoca, non fosse invece quello gnostico il cristianesimo prevalente?
«Si era agli albori della religione cristiana, prima che nascesse la Chiesa di Stato col potere di decidere quale cristianesimo dovesse essere vigente», sottolinea Magaldi. «Agli inizi era tutto molto confuso: e tra tutti i cristianesimi, forse il più importante era proprio quello gnostico».
Anche per questo, Magaldi è tra i sostenitori del suggestivo “gemellaggio” tra Alessandria d’Egitto e Aquilea: è in programma l’arrivo in Friuli di una delegazione egiziana composta da autorità istituzionali, studiosi, giornalisti e religiosi, in particolare cristiani copti. Fitto il dialogo con il clero italiano della splendida Basilica di Aquileia, che testimonia l’assoluta particolarità del cristianesimo aquileiese, affacciato su mondi diversi.
L’operazione è stata disturbata da una tediosa polemica: alcuni esponenti del Pd locale (non supportati dal partito, a livello nazionale) hanno protestato per l’arrivo degli egiziani, visto che Aquileia si trova a due passi dal paese, Fiumicello, dove risiede la famiglia di Giulio Regeni, assassinato in Egitto nel 2016.
Magaldi respinge al mittente l’accusa: «Il dialogo tra i popoli – premette – è la migliore condizione per l’accertamento della verità e l’esercizio della giustizia. Chi davvero vuole individuare e punire i feroci assassini di Giulio Regeni farebbe meglio a sostenere le iniziative di fraternizzazione spirituale, culturale e umana tra la regione e la città di Alessandra in Egitto e il territorio di Aquileia, tra la Chiesa cristiana Copta e la Chiesa cristiana Cattolica Apostolica Romana».
Chi critica (giustamente) i limiti di libertà e giustizia vigenti nell’Egitto contemporaneo, aggiunge Magaldi, dovrebbe rivolgere altrove le proprie esecrazioni. E magari ricordare che la patria dei Faraoni resta un grande paese laico, avendo sventato il rischio di precipitare verso l’integralismo intollerante e teocratico sotto la presidenza di Mohamed Morsi, leader dei Fratelli Musulmani. Infatti il presidente attuale, Abdel Fattah al-Sisi, «a partire dal 2013 è sempre intervenuto energicamente per salvaguardare la laicità e il pluralismo della convivenza civile e religiosa in Egitto e per arginare ogni forma di terrorismo anti-cristiano e anti-occidentale».
Proprio al generale al-Sisi (e al governatore della regione di Alessandria, Ahmed Khaled Hassan Saeed) Magaldi chiede di battersi per liberalizzare e democratizzare progressivamente il paese, oltre che di «consegnare definitivamente alla giustizia i veri torturatori e assassini di Giulio Regeni, senza riguardo per il loro status all’interno delle forze di polizia e di sicurezza interna, che tali farabutti hanno disonorato con la loro condotta criminale e disumana».
In sintesi: «Onore e fraternità per il popolo egiziano, per i rappresentanti più illuminati della sua compagine governativa ed istituzionale, per la Chiesa Copta e per le comunità islamiche locali pacifiche, dialogiche e tolleranti». E, al contrario: «Disonore e punizione per chi, con omicidi come quello di Giulio Regeni, espone le stesse istituzioni di quella grande nazione allo sguardo severamente critico della pubblica opinione internazionale».
La bella notizia? Alessandra e Aquileia non smetteranno di volersi bene. Lo chiedono gli egiziani copti, insieme con il sindaco aquileiese Emanuele Zorino e lo stesso monsignor Mirko Franetovich, reggente della Basilica. E se la Fondazione Aquileia ha fatto un passo indietro dopo la polemica su Regeni, a rimpiazzarla – con il determinante contributo di Sedes H – sarà la fondazione Sedes Patriarcatus Aquileiensis, promossa da Magaldi anche in memoria del prestigioso patriarcato cattolico di Aquileia, vissuto fino al 1420.
In altre parole, a vincere sarà il dialogo. Senza barriere artificiose, senza malanimi né stucchevoli polemiche. E senza nessuna paura del Cristo Gnostico, vivo e vegeto nella memoria dei luoghi in cui affonda la nostra vera storia.