L’OSCURA FILIERA DEL MALE DAI KENNEDY FINO A GAZA, DOPO TWIN TOWERS E COVID

Si fa presto a dire: il male. Sul concetto, alcune religioni hanno ricamato la loro stessa ragion d’essere: “Libera nos a malo”. Storicamente, l’irragionevole e incomprensibile male del mondo ha diviso anche con ferocia i monoteisti dai dualisti, i cattolici dagli gnostici.
Anticamente si espresse la luminosa tradizione di Zoroastro, che oggi qualcuno interpreta così: cadute le maschere della mitologia cosmogonica, l’ombra non avrà mai il potere di divorare la luce, perché in fondo non è altro che assenza di luce.
Idea oggi tradotta con piglio scientifico dal fisico Federico Faggin: se l’Uno emana l’universo per poter conoscere se stesso, allora il bene supremo è proprio la conoscenza (e il male, quindi, non è che il suo contrario: la temporanea mancanza di conoscenza).
Tutto troppo semplice?
Viviamo in un mondo globalizzato e interconnesso, in cui – grazie anche al ridondare delle news in tempo reale – abbiamo la sgradevole sensazione che sia proprio il male ad avere costantemente l’iniziativa: dilaga quasi ovunque, in mezzo a un vorticare incessante di terrorismi e guerre, epocali menzogne e stragi di innocenti.
Inforcando le lenti dei secoli e dei millenni, lo storico direbbe: d’accordo, ma avete idea di cosa dovettero essere i crolli anche traumatici delle grandi civiltà del passato? Gli immani massacri, gli assedi, le torture, le atrocità senza fine… E allora non c’erano tribunali internazionali, non c’era l’opinione pubblica; non c’era neppure la Croce Rossa.
Di nuovo: Zoroastro farebbe il nome del famigerato Ahriman, gli gnostici menzionerebbero i perfidi Arconti del Demiurgo, i catari finirebbero ancora una volta sul rogo denunciando il maledetto Dio Straniero, nemico del santissimo Padre Celeste. Come dire: funziona così da sempre, questa valle di lacrime nata da un malaugurato incidente cosmico per trasformarsi in cupa prigione per anime infelici.
Nulla di sostanziale cambierà mai, quindi? Niente affatto, dicono gli studiosi, che si sforzano di leggere l’umore profondo di ogni singola epoca. In Europa, per esempio: prima il Rinascimento, poi l’Illuminismo hanno cambiato i connotati del continente. Vero, la proiezione verso le Americhe ha comportato il genocidio dei nativi, corroborando il tragico format coloniale probabilmente ereditato dall’Impero Romano, poi imposto anche all’Africa, all’India e al Sud-Est Asiatico.
Se non altro, le rivoluzioni liberali (massoniche) hanno migliorato quantomeno la vita dell’uomo bianco, gettando le basi per la fine dell’assolutismo monarchico e dell’oscurantismo vaticano. Soprattutto: dopo la spaventosa parentesi delle due guerre mondiali, anch’esse eminentemente europee, s’era diffusa la sensazione che l’umanesimo capitalistico euroatlantico potesse coesistere con l’umanesimo socialista sovietico, in un sostanziale equilibrio in cui le uniche vere tragedie, meno estese e meno esplosive, erano quelle scaturite nel terzo mondo su impulso degli apostoli della decolonizzazione.
Drammatico punto di svolta, la caduta dell’Unione Sovietica. In quel momento, da qualcuno in Occidente incautamente celebrato come “fine della storia”, l’umanità euroatlantica si è trovata di fronte a un bivio: far esplodere la pace tendendo la mano alla controparte, non esistendo più un competitore sistemico del mercatismo americanocentrico, oppure approfittare della debolezza momentanea di Mosca per aggredirla, sopraffarla e conquistarla.
Nacque proprio in quegli anni il famigerato Pnac, Piano per il Nuovo Secolo Americano, uscito dalle officine sotterranee dei neocon con l’idea di imporre al pianeta, a qualsiasi costo, il dominio incontrastato di quella che ormai si presentava come l’unica superpotenza rimasta in circolazione.
Piano tragicamente messo in atto con l’auto-attentato dell’11 Settembre, vero e proprio golpe contro la democrazia statunitense, che servì a terremotare il mondo e proiettare le armate dei Bush alla conquista del Medio Oriente e dell’Asia Centrale.
Altra notizia, piuttosto essenziale: il carattere di auto-attentato dell’attacco alle Torri Gemelle non è ancora ufficialmente riconosciuto. Per il mainstream giornalistico occidentale, gigantesco cluster industriale dominato da appena 5-6 grandi famiglie, il più grande attentato terroristico di sempre fu davvero condotto da un branco di beduini analfabeti: non sapevano pilotare neppure un Cessna, eppure riuscirono a volare come nemmeno i migliori top gun, dopo che gli Stati Uniti (per la prima e unica volta nella loro storia) avevano dirottato in Alaska e sulla West Coast l’intera loro difesa aerea.
Massimo Mazzucco, autore del primo documentario-verità sull’11 Settembre (“Inganno globale”, trasmesso in prima serata da Canale 5), all’epoca viveva a Los Angeles. Il suo primo pensiero fu: seriamente, è impensabile che gli Usa abbiano potuto fare una cosa simile contro se stessi.
Più tardi, dati alla mano, il filmaker arrivò alla seguente conclusione: basta sostituire l’espressione “gli Usa” con “il piccolo nucleo di golpisti che si era insinuato ai vertici del potere statunitense”. Un’esigua catena di comando; pochi uomini, decisivi, sistemati nei posti giusti. Missione: rendere possibile l’impossibile.
Dopo la strombazzatissima emergenza-terrorismo di marca islamica (il mitico “scontro di civiltà”), gli europei dovettero fronteggiare un’altra grande paura, quella finanziaria: il panico alimentato in modo incalzante, con la crisi degli spread, attraverso l’Ue e la Bce, complici le agenzie di rating in mano ai soliti noti.
Nel saggio “Il più grande crimine” (nel 2010 la prima edizione), Paolo Barnard, già co-fondatore di “Report” con Milena Gabanelli, ricostruì in chiave criminologica la genesi dell’Unione Europea, evidenziando il ruolo tenebroso di determinate élite neo-aristocratiche e denunciando il terrorismo finanziario come cavallo di Troia per saccheggiare gli Stati, razziare i risparmi e demolire la tranquillità socio-economica delle classi medie, ingombranti perché colte e sicure di sé, abituate ad avere il loro peso nella crescita democratica dei loro paesi.
Quattro anni dopo, con l’esplosivo libro “Massoni”, Gioele Magaldi fornì un’ulteriore e sconcertante chiave di lettura: lo specifico ruolo chirurgico delle Ur-Lodges, le elusive superlogge sovranazionali, nella costruzione degli eventi mondiali e nelle narrazioni (artificiose) destinate a supportarli. Dal lavoro di Magaldi emerse un’impressionante sequela di retroscena: in primo piano, l’insospettabile presenza di tanti presunti buoni, per la prima volta smascherati come autentici mascalzoni.
È stato lo stesso Magaldi, nel 2020, a svelare la cifra massonica dello stesso Bob Dylan, “arruolato” nel network latomistico internazionale di stampo democratico-progressista. Con il disco-capolavoro “Rough and Rowdy Ways” (non a caso fatto uscire proprio durante la tempesta Covid) il leggendario cantautore ci ha consegnato il seguente messaggio: i registi del terrorismo sanitario appartengono alla medesima filiera che nel 1963 fece assassinare John Kennedy.
Infine: proprio oggi un reporter di razza come Franco Fracassi annuncia l’imminente uscita di un suo libro, con il quale si candida a dimostrare che le “menti” del 7 ottobre (l’atroce raid stragistico di Hamas del 2023, favorito dall’imperdonabile latitanza militare israeliana) sono le stesse che architettarono l’11 Settembre. Il male, nella sua massima espressione.
Non è vero che il “cancro” sia esploso solo dopo il crollo dell’Urss. Il peccato originale, in questa storia, potrebbe essere proprio l’ignobile omicidio di Jfk in mondovisione (quell’insopportabile “murder most foul”, per dirla con Dylan: l’assassinio più infame, concepito da inimmagimabili poteri contro-iniziatici e affidato per la sua esecuzione alla Cia e all’Fbi, che per l’occasione si avvalsero di manovalanza mafiosa).
Dopo l’infarto scioccante del ’63, quel favoloso American Dream – l’epopea del capitalismo buono che sa lottare per i diritti democratici di tutti, candidandosi quindi a guidare lo sviluppo armonico dell’umanità – venne brutalmente annegato a strettissimo giro nel sangue di altre due vittime eccellenti, Bob Kennedy e Martin Luther King.
Esattamente dieci anni dopo l’agguato di Dallas, nel 1973 – l’11 settembre di quell’anno: data non casuale – gli stessi poteri occulti decretarono la fine del massone socialista Salvador Allende, per mano del massone traditore Augusto Pinochet: occorreva imporre in Cile, a mo’ di esempio per l’intero Occidente, il modello privatizzatore neoliberista, sbaraccando il welfare e l’intervento statale a supporto dell’economia.
Il seme era gettato. Toccò a Bill Clinton abolire il rooseveltiano Glass-Steagall Act, che per oltre mezzo secolo aveva protetto il credito ordinario, a supporto dell’economia, tenendolo separato dal casinò speculativio delle banche d’affari, regine della grande finanza.
Ricapitolando, a fette grosse: prima i Kennedy, poi Allende, quindi la caduta dell’Urss e l’evento epocale: l’11 Settembre. A seguire la crisi di Wall Sreet e le tempeste nell’Eurozona, le rivoluzioni colorate (dall’Egitto all’Ucraina) e l’abbattimento dei regimi arabi laici (Iraq, Libia, Siria). Quindi l’Isis, con il terrorismo islamista fatto deflagrare nel cuore dell’Europa. E, gran finale, il Covid: lockdown, coprifuoco, sieri genici spacciati per vaccini e libertà condizionata dal Green Pass. Tradotto: il modello autoritario cinese in salsa sanitaria, esportato anche in Occidente.
Suscitò ilarità la battuta secondo la quale Putin nel 2022 avrebbe meritato il Nobel per la Medicina, avendo interrotto di colpo – dopo due anni di ossessione delirante a reti unificate – la narrazione psico-terroristica sul Covid.
Il male assoluto non era più il terribile virus, ma l’altrettanto terribile Russia: demonizzata in modo ridicolo e ostracizzata mostruosamente, escludendola dal consesso civile (del solo Occidente, s’intende, visto che Mosca ha incassato la solidarietà di tre quarti del pianeta).
Trascorso appena un anno, ecco l’ultimo exploit del male: il 7 ottobre (1.200 morti israeliani) cui è seguita l’abominevole ritorsione di Netanyahu autorizzata e armata prima da Biden e poi da Trump. Bilancio: a Gaza oltre 200.000 vittime civili, inclusi 250 giornalisti colpiti dai cecchini.
Dai killer di John Kennedy a quelli dei palestinesi il passo è lunghissimo, in apparenza. Ma la loro parentela criminale potrebbe rivelarsi molto stretta.
Ora, senza più scomodare nessuna particolare teodicea, senza cioè attendere che qualche filosofia, teologia o interpretazione cosmologica si pronunci ancora una volta sull’esatta natura del male e sul mistero della sua permanenza tra noi, magari è possibile iniziare a sperare almeno in una specie di riscatto civile, relativamente alla verità sulla piccola storia dell’ultimo secolo alle nostre spalle.
La redenzione morale, prima ancora che politica, si verificherebbe il giorno in cui, finalmente, la congrega dei grandi assassini e cospiratori (davvero complici tra loro, in tutti questi decenni?) venisse finalmente riconosciuta in modo ufficiale. Sarebbe perfetto, se quel giorno fossero denunciati i maggiori terminali del male, ponendoli una volta per tutte in condizioni di non nuocere.
Pensiero persino ovvio: se prima non si procede con le grandi pulizie, dove si spera di arrivare? Quale futuro potrebbe mai nascere, da un presente ancora segnato da silenzi, ipocrisie e squallide connivenze?

Condividi il post