SERVIZI SEGRETI NON ITALIANI: IL CASO-AQUILEIA IN PARLAMENTO

Come si permette, Gioele Magaldi, di far intervenire “amici dell’intelligence” per vigilare sulla sicurezza di Aquileia e sull’incolumità del sindaco Emanuele Zorino e dei suoi familiari? E come osa, Magaldi, interferire (a che titolo, poi?) con il delicato lavoro di organi dello Stato, per giunta in una situazione come quella della cittadina friulana, al centro di un problematico gemellaggio con l’Egitto?
Problematico, sì: perché Aquileia – che sta costruendo un ponte culturale con l’egiziana Alessandria – confina con Fiumicello, il paese dove vive la famiglia di Giulio Regeni, barbaramente assassinato proprio al Cairo all’inizio del 2016. Rapito il 25 gennaio, venne ritrovato senza vita il 3 febbraio. Sul suo corpo, c’erano i segni delle atroci sevizie subite, da parte di agenti egiziani.
La polemica, innescata dal Pd locale, ora arriva in Parlamento grazie all’interrogazione depositata alla Camera il 24 ottobre da Debora Serracchiani, deputata Pd e già presidente della Regione Friuli.
«I ministri Piantedosi e Tajani – vi si legge – chiariscano se vi sia qualcosa di vero nelle dichiarazioni rese pubbliche in merito ad attività di sorveglianza che si svolgerebbero ad Aquileia ad opera di non meglio precisati servizi di sicurezza». Affermazioni che «assumono un rilievo, in quanto chiamano in causa la competenza di organi dello Stato e si inseriscono nel quadro delle relazioni che intercorrono con l’Egitto».
La Serracchiani mostra di non credere alla serietà delle «non precisate minacce» rivolte al sindaco di Aquileia in prossimità della visita della delegazione egiziana, lo scorso settembre. Così, la parlamentare sollecita il governo a verificare la legittimità delle dichiarazioni di Magaldi, che ai microfoni di “Border Nights” aveva assicurato che, grazie al suo intervento presso “amici” che operano nell’intelligence, da quel momento Aquileia poteva ritenersi al sicuro.
L’interessato conferma e rilancia: sì, il sindaco e la sua compagna erano inquieti, dopo la comparsa di striscioni minacciosi alla vigilia dell’incontro con gli egiziani. Certamente, lui – Gioele Magaldi, massone in contatto con il mondo delle superlogge sovranazionali – si è davvero rivolto ad amici 007. Ma non italiani, quindi non sottoposti al controllo istituzionale di Piantedosi e Tajani.
«Lo ribadisco: ad alcuni eminenti personaggi dell’intelligence, di diverse agenzie di intelligence di vari paesi operanti in area euroatlantica, ho detto che ad Aquileia c’era una situazione che non mi piaceva».
In attesa di eventuali sviluppi parlamentari («nel caso, torneremo volentieri sul tema»), la prima replica di Magaldi è stata affidata alla trasmissione “Verità Zero”, condotta da Massimo Porcedda su “Mrtv”.
«Voglio spiegare a Debora Serracchiani che, ferma restando tutta la mia stima per i nostri servizi segreti, le agenzie di intelligence alle quali mi sono rivolto travalicano le competenze del governo italiano: ci sono prassi e accordi di lungo corso che all’Italia, che ospita tante basi Nato, concedono una sovranità limitata. Oggi, poi, il nostro paese non ha un ruolo particolarmente forte nella gestione delle agenzie di intelligence euroatlantiche, alcune nemmeno note: il mondo profano conosce quasi solo la Cia e l’Nsa, quindi non ha idea di quanti altri soggetti esistano, anche più discreti e più “sul pezzo”. Ne è al corrente, la parlamentare Debora Seracchiani? Sa che queste agenzie di intelligence che operano in Italia non devono affatto render conto al nostro governo?».
Chiarito l’aspetto istituzionale del problema, Magaldi passa a quello politico: è mai possibile che si “remi contro” un’iniziativa nobilissima come quella di Aquilea, il cui sindaco ha voluto assolutamente creare, con gli egiziani, un percorso virtuoso di affratellamento intellettuale e spirituale che è anche squisitamente popolare, emotivo e religioso?
Alla base dell’incontro, ricorda Magaldi, c’è innanzitutto la storia: «I simboli proto-cristiani presenti ad Aquileia testimoniano l’antico legame con l’ellenismo dell’Egitto tolemaico, con la gnosi cristiana di Origene e Clemente Alessandrino e persino con l’evangelista Marco».
Tra gli egiziani in visita ad Aquileia, erano presenti molte donne ed esponenti religiosi, musulmani e copti. «Questi ultimi sono i cristiani dell’Egitto. Sono fondamentali, in questo ponte tra Aquileia e Alessandria, ma senza nulla togliere ai musulmani: nel medioevo furono proprio i dottissimi islamici a trasferire in Europa, tramite la Spagna, un inestimabile bagaglio di conoscenze».
L’operazione Aquileia-Alexandria promette bene: vuole creare un solido ponte mediterraneo e interculturale tra l’antica metropoli che porta il nome di Alessandro Magno, che ospitava la maggiore biblioteca dell’epoca, e la località friulana che arrivò a essere la terza città dell’Impero Romano, divenendo poi sede di un importante Patriarcato cattolico.
Oggi l’area archeologica di Aquileia è tra le più importanti d’Europa: evidenti le implicazioni positive della sua valorizzazione internazionale.
«Eppure, la Fondazione Aquileia – condizionata da personaggi vicini alla Serracchiani – s’è ritirata dal progetto, negando il suo supporto al “gemellaggio” con l’Egitto». L’ha rimpiazzata lo stesso Magaldi, impegnando fondi della neonata società energetica Sedes H (idrogeno) di cui è presidente; una company innovativa, che intende distinguersi da subito anche per la sua vocazione filantropica. A ruota, lo stesso Magaldi ha promosso la nascita di un’apposita fondazione, Sedes Patriarcatus Aquileiensis, che avrà il compito di assistere il Comune nello sviluppo delle relazioni con l’Egitto.
Tutto questo, senza permettere che qualcosa vada storto, a causa di polemiche pretestuose e per giunta imbastite strumentalmente sul cadavere del povero Regeni.
«Giulio è stato trucidato da alcuni mascalzoni criminali che vanno consegnati alla giustizia», sottolinea Magaldi. «Bene faranno le istituzioni egiziane a favorire ai più alti livelli l’accertamento della verità, ben sapendo che i massimi vertici dello Stato egiziano non hanno certo tratto vantaggi d’immagine da questa tragica vicenda. E in ogni caso, che senso ha utilizzare l’atroce morte di Regeni per tentare di criminalizzare l’intero popolo egiziano e intanto danneggiare il possibile sviluppo della stessa Aquileia?».
Perché poi accusare di scarsa trasparenza proprio Magaldi, che nel bestseller “Massoni” (ormai long-seller, essendo uscito nel 2014) ha svelato il ruolo mondiale delle invisibili, ma onnipresenti Ur-Lodges?
«Che io sia massone lo sanno anche i sassi. Forse la Serracchiani – che è giovane, ma viene da un partito originariamente radicato nella storia autoritaria del comunismo – non ha ben chiaro che proprio i massoni lavorarono all’“internazionale democratica” da cui nacque la modernità in cui viviamo oggi. Le consiglierei di leggere un bel libro di Gian Mario Cazzaniga, che spiega come “la religione dei moderni” sia proprio la politica. E la politica in senso contemporaneo è una creazione dei massoni, la cui attitudine alla riservatezza (che nasce in tempi di terribili repressioni) li avvicina in modo fisiologico all’ambiente dell’intelligence, che infatti è affollato di massoni: come quelli a cui mi sono rivolto, per sollecitarli a vigilare su Aquileia».
E qui sembra ci sia poco da scherzare, in effetti.
«Quello su cui i miei “amici” posano e poseranno lo sguardo è il pericolo che qualcuno violi i diritti altrui, cioè il diritto ad un confronto politico non violento. Quindi vigileranno perché nessuno compia atti impropri: ecco perché Debora Serracchiani dovrebbe essere rassicurata, da questo, anziché evocare chissà quale scenario».
A Magaldi non è piaciuto nemmeno l’atteggiamento di Elly Schlein, che di fronte all’attentato contro Sigfrido Ranucci ha affermato «con grande analfabetismo istituzionale» che il nostro regime democratico sarebbe in pericolo. «Ma allora – obietta Magaldi – la democrazia è stata sempre in pericolo, in Italia, tra giornalisti gambizzati o fatti sparire, magistrati e poliziotti ammazzati». No, in realtà il nostro sistema democratico non era in pericolo, sostiene l’autore di “Massoni”: «Semmai esistevano (ed esistono) comportamenti mafiosi, comportamenti terroristici e servizi deviati. Di quelli bisogna preoccuparsi, non delle agenzie di intelligence euroatlantiche in cui operano massoni amici miei, che sono stati e saranno i custodi della tenuta democratica e liberale della nostra società».
Suona stonato, il discorso? Fa sparire quel che resta della nostra precaria sovranità?
Magaldi invita ad accettare la realtà, senza ipocrisie. «La Serracchiani e la Schlein, insieme alla Meloni (che in confronto alle prime due sembra un gigante) dovrebbero semmai unirsi e battersi, come Italia, per rifondare in senso democratico l’Unione Europea, se proprio vogliamo parlare di sovranità. Poi, certo, la Meloni non è affatto impeccabile. È “andreottiana”, cioè iper-prudente: però non scordiamo che l’Italia di Andreotti puntava comunque al benessere generale».
Una svolta possibile? Decidersi a fare fronte comune, mettendo da parte differenze solo cosmetiche. E dimostrare – cominciando magari proprio da Aquileia – la capacità di collaborare, per far vincere il territorio italiano.
«Ci sono politici come il sindaco aquileiese Emanuele Zorino, che si spendono per l’intera comunità sviluppando idee. E ci sono parassiti che, non avendo idee, pensano solo a ostacolare chi lavora per il bene comune».
Gioele Magaldi li chiama, ironicamente, alla maniera di Giordano Bruno: per lui sono tutti “asini”.
«E bisogna lasciarli ragliare, gli asini, perché più ragliano e più ci si rende conto della loro pochezza politica. Quindi, saranno stra-tutelati nella loro libertà di ragliare: sì, potranno ragliare fin che vogliono. Ma gli asini, con i loro accoliti e qualche eventuale testa matta, non saranno invece liberi di intimidire chicchessia, e nemmeno di alludere a qualche atto di violenza. Ecco, no: questo, in democrazia, proprio non si può fare».

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